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Elementi di Posturologia in Odontoiatria

Dott. Carlo de Michele

Dal Corso Dental Tray: Dall’odontoiatra al Posturologo – 6/7/2009

Non amo pensare alla posturologia come ad un’ennesima specializzazione della medicina, quindi ad un’ulteriore parcellizzazione del sapere, ma piuttosto ad un modello di organizzazione delle conoscenze che, riferendosi ad una specifica espressione dell’essere umano, cioè il suo stare in piedi e muoversi, sembra riportarci alle domande basilari sul senso dell’esistenza dell’uomo. Per tentare di dare una sia pur parziale risposta siamo quindi costretti a pensare all’uomo nella sua totalità individuale e al sapere come alla conoscenza del mondo che ciascuno di noi ha, più o meno consapevolmente. Il sapere medico, dal 1600 ad oggi, ha tratto grandi vantaggi dall’applicazione al proprio terreno delle conoscenze sviluppate dai fisici nello studio della natura. La fisica Newtoniana si basa sulla individuazione di un problema, sulla osservazione, sulla creazione di un modello semplificato, distinguendo caratteristiche significanti e caratteristiche secondarie, sulla sua traduzione in termini matematici, sulla ricreazione del modello in laboratorio e sulla verifica sperimentale. Questa impostazione ha permesso di scoprire con precisione indiscutibile la natura e le relazioni delle singole molecole, ma mostra i suoi limiti per quanto riguarda la conoscenza di fenomeni unici ed osservabili solo nella loro globalità, come quelli riguardanti le realtà biologiche o i comportamenti umani. In questi casi, pur restando valido il principio di linearità nei rapporti tra i singoli componenti del sistema considerati in modo isolato, (vale a dire che al variare de li ‘uno abbiamo una variazione diretta e proporzionale dell’altro) le interrelazioni sono talmente tante che il comportamento finale non è prevedibile a partire dalla modificazione di un dato iniziale. I sistemi biologici sono SISTEMI COMPLESSI in cui più che lo studio del funzionamento delle singole parti considerate isolatamente è necessario studiare il modo in cui le parti comunicano e si relazionano per dar luogo ai comportamenti finali che noi osserviamo. La Postura, come del resto qualsiasi comportamento umano, è espressione di complessità. Il mantenimento della posizione eretta ed il movimento sono il risultato ultimo, evidente, di una serie infinita di equilibri instabili interdipendenti, che consentono all’uomo di adeguare costantemente la propria condizione al variare delle situazioni ambientali.

Sappiamo che il corpo umano è dotato di numerosissimi recettori in grado di rilevare costantemente parametri fisico-chimici-ambientali. I dati vengono interfacciati a vari livelli in funzione delle capacità di comunicazione dei diversi network per essere trasformati in potenziali d’azione che giungono alla rete più elevata costituita dal sistema emisferico che elabora pensiero o azione in risposta. Per comprendere come l’uomo sia arrivato ad assumere le sue caratteristiche attuali, ed in particolare la postura bipodalica, è necessario ripercorrere alcune tappe fondamentali dell’evoluzione, ed in particolare quelle relative al S. Nervoso, poiché è indubbio che la specificità umana sia sostenuta dalle caratteristiche del cervello.

 

PRINCIPI DI EVOLUZIONE
Nel momento in cui particolari sostanze proteiche si sono raggruppate legandosi a particolari processi metabolici e riproduttivi è stato necessario differenziare un interno dall’esterno, ed a ciò ha provveduto la membrana cellulare, la cui funzione fondamentale è quella di mantenere una condizione interna costante rispetto a condizioni esterne variabili. Per accedere a tale funzione sulla superficie della membrana si sono sviluppate particolari strutture capaci di rilevare le condizioni esterne e di comunicarle all’interno. Più cellule (cioè strutture fomite di membrana con esigenze complementari) hanno poi trovato utile correlarsi formando i primi sincizi in cui la comunicazione avveniva per contiguità attraverso prodotti espulsi all’esterno. I successivi gradini dell’evoluzione hanno dato luogo ad organismi sempre più complessi in cui alcuni gruppi cellulari si sono differenziati a costituire l’epitelio esterno, (cioè una sorta di membrana che invece di racchiudere i liquidi e le strutture di una singola cellula racchiude l’insieme delle cellule costituenti l’individuo) ricco di recettori ambientali. Tra le cellule epiteliali alcune si sono poi specializzate nella recezione e trasmissione di informazioni sino a costituire i primi abbozzi di sistema nervoso. La specializzazione in cellule nervose ha costituito un grosso vantaggio per la velocità e precisione di comunicazione, poiché l’informazione viene condotta attraverso vie specifiche direttamente alle cellule interessate. Il modello della trasmissione per contiguità non è stato però abbandonato, ma svolge tuttora una funzione importante anche negli organismi evoluti; esso permane sia nella funzione di informazione nelle reti (sia periferiche che centrali) sia nella funzione endocrina in cui sostanze prodotte da cellule vengono espulse all’esterno e svolgono la loro attività andando indistintamente a toccare le cellule che abbiano sulla superficie particolari siti recettoriali. Il sistema permette diversi tipi di comunicazione:

1 – ENDOCRINA: a distanza per via ematica. Le stesse sostanze (neurormoni) sono prodotte però anche dai neuroni realizzando una comunicazione di tipo ormonale per via nervosa.

2 – PARACRINA: nell’ambiente liquido a céllule prossime (neurotrasmettitori).

3 – AUTOCRINA: la membrana cellulare è provvista di recettori, sensibili a prodotti espulsi dalla stessa cellula.

Una volta realizzate strutture viventi capaci di autoreplicarsi sono apparse continue attività di trasformazione secondo i principi fondamentali dell’evoluzione. In tutti gli esseri viventi dotati di patrimonio genetico trasmissibile avvengono continuamente ed in modo del tutto afinalistico una grande quantità di mutazioni sotto la pressione di agenti esterni, la maggior parte delle quali vengono bloccate prima che possano dare luogo alla loro espressione dalla capacità di ogni organismo di conservare la propria identità strutturale. Raramente danno luogo a strutture nuove che però, nella stragrande maggioranza dei casi, confliggono con la possibilità di vita del soggetto. In modo eccezionalmente raro invece danno luogo ad una nuova struttura che le condizioni ambientali favoriscono rispetto alla condizione precedente. Solo in questi rarissimi casi, che per realizzarsi hanno bisogno di un grande numero di prove in tempi di lunghezza inimmaginabile, emergono nuovi individui datati di nuove capacità che tuttavia non comportano l’abbandono di strutture e funzioni precedenti. Le nuove specie presentano nuove capacità che consentano di ampliare gli spazi in cui approvvigionarsi dell’energia necessaria alla sopravvivenza e riproduzione relegando le antiche attività a livelli inferiori, di controllo automatico di funzioni organiche, poiché la nuova struttura di solito esprime una capacità inibitoria che permette di modulare la funzione precedente.

Un esempio illuminante è costituito dal passaggio dai celenterati (meduse) alle prime forme di pesci dotati di midollo spinale assiale. Nei celenterati la trasmissione degli impulsi avviene per contiguità cellulare per mezzo di un amminoacido eccitatori o, il GLUTAMMATO (la stessa sostanza che nell’uomo ha grande importanza in numerosissimi processi nervosi come la memoria o la cronicizzazione del dolore). Qualsiasi sia lo stimolo che colpisce il mantello della medusa essa reagisce contraendo globalmente le sue cellule muscolari realizzando un primitivo riflesso di allontanamento. La comparsa a causa di una mutazione di una nuova molecola, l’enzima decarbossilasi, ha permesso di trasformare l’amminoacido eccitatorio in un’altra molecola, l’ACIDO GAMMA AMINO BUTIRRICO, capace di inibire l’eccitazione del glutammato. In funzione di ciò si sono sviluppate strutture che allo stesso stimolo non erano più costrette a rispondere globalmente ma in modo modulato rispetto al raggiungimento di un fine. Il gioco di queste sostanze ha permesso l’emergenza di strutture con un abbozzo di sistema nervoso al centro del corpo, una divisione simmetrica in destra e sinistra e la possibilità di realizzare una nuova forma di propulsione, il nuoto serpeggiante, attraverso il semplice alternarsi di impulsi eccitatori ed inibitori sui muscoli laterali.

E’ da tenere presente che il gioco di queste sostanze è giunto intatto sino all’uomo.

Possiamo quindi enunciare il principio fondamentale dell’Evoluzione in questi termini: mutazioni del tutto casuali in rarissimi casi danno luogo a nuove strutture; se la selezione ambientale favorisce gli organismi dotati di nuova capacità le strutture precedenti non vengono eliminate ma restano per gestire le vecchie funzioni sotto il controllo inibitorio delle nuove strutture dotate di capacità finalistiche più elevate.

Conseguenza di questo tipo di organizzazione è il fatto che se per qualche ragione viene meno il controllo da parte delle strutture superiori quelle sottostanti possono riprendere il controllo della situazione, realizzando così un meccanismo fisiopatologico di base comune a molte malattie (Riflesso di Babinsky, Parkinson, difetti posturali)

Sulla base dei principi dell’evoluzione Mc Clean ha formulato la “teoria dei tre cervelli”, distinguendo negli animali superiori tre tappe fondamentali:

1 – Il cervello rettiliano in cui compaiono cervelletto e mesencefalo che gestiscono il movimento ed il controllo delle funzioni fisiologiche vitali.

2 – Il cervello dei mammiferi, in cui compare il sistema libico, a cui si devono i primi comportamenti sociali.

3 – Il cervello superiore (dei primati) che consente un elevato controllo volontario sino alla mentalizzazione totale degli esseri umani.

La caratteristica umana che più ci interessa per quanto riguarda il sistema nervosa è rappresentata dalla trasformazione euristica del suo funzionamento. Sino ai primati il sistema nervoso è· la struttura che esprime il massimo dell’adattamento all’ambiente: per quanto le capacità decisionali del singolo siano elevate tuttavia non si discostano mai dalla finalità di consentire nel modo migliore possibile sopravvivenza e riproduzione. Esiste anche una notevole capacità di apprendimento, ma è sempre finalizzato alla ottimizzazione degli istinti. Anche nei primati la base dei comportamenti sono geneticamente predeterminati.

 

LE CARATTERISTICHE UMANE
Nell’uomo invece avviene un vero e proprio salto. La possibilità di esprimere libertà prevale sulle leggi dell’adattamento; l’uomo nasce privo di nicchia biologica per tanto è l ‘unico animale che ha la possibilità e la necessità di modificare l’ambiente secondo le proprie esigenze. Il cervello umano invece di esprimere il massimo dello sviluppo in funzione dell’ambiente esprime il massimo delle potenzialità ed uno sviluppo epigenetico mai realizzate negli scalini evolutivi precedenti. Il cervello umano ha possibilità di sviluppare pensiero irrazionale, di inventare oggetti inesistenti in natura, di pensare sé stesso e creare conoscenza.

Queste nuova capacità sono il frutto di uno sviluppo eccezionale particolarmente a carico delle strutture emisferiche in funzione di una flessione della parte anteriore del tubo neurale secondo un piano di sviluppo embrionale che ricorda le tappe dello sviluppo evolutivo. Per inciso ricordo che il rapporto tra massa cerebrale e volume corporeo è, negli esseri umani, il doppio che nei primati più evoluti. E’ l’enorme sviluppo del cervello che ha determinato il cambiamento della forma del cranio osseo umano e, forse, anche la stazione eretta. Se noi osserviamo il fenomeno dal punto di vista evoluzionistico vediamo come all’aumento volumetrico delle strutture nervose cefaliche corrisponde una progressiva flessione anteriore del massiccio facciale. Nei rettili e negli anfibi il cranio è piatto, triangolare, svolto tutto sul piano orizzontale. Negli uccelli comincia a conformarsi una calotta con il becco che scende in avanti ed in basso. Nei mammiferi la calotta cranica è ben conformata ed il massiccio facciale è tutto al di sotto di un frontale che assume una verticalità sempre maggiore come nei primati. Nell’uomo la flessione-spiralizzazione arriva al suo compimento con uo sviluppo enorme della volta cranica, una riduzione di volume ed arretramento del mascellare e del mandibolare. Possiamo pensare quindi che sia proprio lo sviluppo delle masse cerebrali con le loro simmetrie ad influenzare le trasformazioni spaziali del cranio e delle strutture scheletriche umane.

 

LE BASI DELLA POSTURA
Gli elementi che debbono essere presi in considerazione nel momento in cui vogliamo considerare le problematiche posturali sono le suture craniche, le strutture della base con le piramidi del temporale, la falce con il suo innesto sulla crista galli, il tentorium nella sua prosecuzione ideale col piano della base del cranio. E’ verosimile che queste strutture, sotto la spinta di forze di pressione e trazione, correlate alla presenza della forza di gravità, rappresentino le chiavi spaziali rispetto a cui si orientano, nello sviluppo post natale, le simmetrie posturali.

E’ infatti evidente che la possibilità di mantenere correttamente l’equilibrio necessario alla postura eretta ed al movimento bipodalico è funzione del corretto allineamento della posizione spaziale dei canali semicircolari e dell’asse bipupillare. E’ altrettanto evidente che questi allineamenti sono prioritari mentre la parti mobili osteo-artro-muscolari rappresentano momenti di compenso a garanzia dell’allineamento fondamentale.

Quali sono i meccanismo attraverso cui si realizza la postura umana? Anche in questo caso vediamo confermata l’asserzione fondamentale dell’evoluzione, cioè che la comparsa di nuove potenzialità non elimina le capacità precedentemente convalidate. Infatti il meccanismo base della postura è costituito da attività nervosa riflessa, così come nei celenterati e nei primi vermi marini.

Caratteristica specifica della postura è infatti quella di non essere gestita da elaborazioni coscienti e da muscolatura volontaria ma da informazioni inconsce e dalla muscolatura involontaria, tonica. Il riflesso fondamentale necessario al conseguimento della postura verticale è il riflesso di estensione (evocabile nei neonati con la stimolazione della pianta del piede) così come osserviamo nei classici esperimenti sui gatti decerebrati. Sono poi i meccanismi di inibizione cerebellari e cerebrali superiori che intervengono a modulare la attività muscolare riflessa antigravitaria. Il meccanismo principale di gestione del mantenimento della postura avviene ad opera del sistema dei gamma motoneuroni, la cui funzione è quella di mantenere un costante ed adeguato livello di contrazione dei muscoli involontari in funzione delle continue oscillazioni.

Perché la postura corretta possa essere mantenuta è necessario disporre di una immagine propriocettiva individuale di verticalità. Tale immagine non è congenita ma è acquisita in funzione della possibilità genetica della specie di mantenere la stazione eretta bipodalica ma anche della modalità del suo apprendimento condizionato da una infinità di fattori relativi alla storia individuale. Ciò vuol dire che molto raramente la postura soggettiva corrisponde alla verticale fisica. In realtà essa è la migliore possibile in funzione della realtà individuale (anomalie di sviluppo, errori di apprendimento, muscolatura inadeguata, esiti di malattie o traumi pregressi ecc) tenendo conto che istante per istante il nostro corpo conosce le disponibilità in funzione della memoria sempre presente di ogni evento che abbia interessato la nostra realtà.

E’ ovvio che quanto più la postura possibile si discosta dall’allineamento alla verticale fisica, tanto maggiore sarà il costo biologico del mantenimento della stazione eretta e del movimento.

Sappiamo inoltre che la postura è correlata al tipo di informazioni che giungono dai recettori periferici (Occhi, afferenze otolitiche, barocettori

della pianta del piede, recettori muscolo tendinei)

Ancora si discute sul valore da attribuire alle informazioni oro-dentali. Si ritiene dai più che esse abbiano valore di interferenza con quelle provenienti dai recettori specifici, ma alcune scuole francesi ritengono bocca e denti un vero e proprio recettore posturale. Ciò in funzione della grande innervazione trigeminale (che crea anastomosi con tutti i nervi cranici) che sarebbe responsabile non solo della attività sensorimotoria ma anche della percezione spaziale delle meningi. In particolare la perpendicolarità tra tentorio e grande falce costituirebbero una sorta di matrice spaziale originaria che informa la postura in toto.

 

IMPORTANZA DELLA RELAZIONE STOMATOGNATICO POSTURALE
Un’ipotesi che non è ancora apparsa sui testi a disposizione è che le alterazioni del controllo posturale possano scaturire dalla emergenza anche nell’uomo del meccanismo base che informa tutta la scala evolutiva secondo cui, se le strutture di controllo superiori implicate nel controllo di una qualsiasi funzione per qualche ragione vengono meno, la gestione ella funzione stessa viene recuperata dalle strutture inferiori, con le modalità specifiche della specie nella quale erano comparse. Esempio tipico in Fisiologia sono gli esperimenti sul gatto decorticato in cui ricompaiono i meccanismi di controllo spinale.

Nel nostro caso può avvenire che per molteplici cause il controllo posturale non sia più completamente gestito dalle funzioni cortico-cerebellari ma, come avviene nei carnivori, riemerga il riflesso di estensione della muscolatura dorsale in funzione di informazioni provenienti dalla bocca e dai denti.

Come questa ipotesi può attagliarsi a quanto avviene a livello oro-dentale?

In bocca spesso si realizzano stimolazioni di tipo anomalo che la corteccia cerebrale giudica afinalistiche, come un alterato contatto dentale, mancanze, infezioni croniche, esiti cicatriziali di interventi chirurgici, protesi dentali inadeguate ecc. Tutte questa situazioni innescano meccanismi neurologici particolari che partendo da condizioni inizialmente di tipo eccitatorio, poi infiammatorio, possono cronicizzarsi o per ragioni locali o per complessi meccanismi di centralizzazione dell’infiammazione, mandando in tilt i meccanismi di controllo superiori. In questi casi potrebbero riemergere meccanismi primitivi di risposta allo stimolo che consistono nell’innesco di contrazione afinalistica di alcuni gruppi muscolari dell’apparato estensore.

In tali condizioni si generano attività muscolari scisse dal controllo e mantenimento della postura ma attivate da stimolazioni anomale di tipo eccitatorio-infiammatorio.

Poiché tali attività tendono ad essere croniche potrebbero indurre reazioni adattatorie sia di tipo biomeccanico che neurologico che possono dare luogo a numerosissimi quadri patologici che vanno dai vari quadri di paramorfismi nei giovani, ai comuni mal di schiena, alle varie forme di artrosi, ad alcuni tipi di emicrania, a tutto il corteo di disturbi che vanno sotto il nome di sindrome da deficit posturale ma anche alterazioni di ordine generale che possono giungere sino alla comparsa di vere e proprie malattie come coliti ulcerose così come ha dimostrato Speransky negli anni 50, provocando coliti ulcerose in cani a cui provocava pulpiti croniche per mezzo di capsaicina.

Particolare attenzione bisogna allora porre all’equilibrio della mandibola rispetto ai mascellari ed alle conseguenze di questo sulla condizione funzionale dei condili nelle Articolazioni Temporo Mandibolari.

Come abbiamo accennato molteplici eventi patologici possono interferire nella dinamica masticatoria, ma è di estrema importanza la valutazione della posizione che assumono i denti, specialmente nel passaggio dalla dentatura decidua a quella definitiva.

Questo evento si concretizza nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, periodo in cui oltre all’emergenza della dentatura definitiva la grande spinta alla crescita osteo-muscolare costituisce un elemento destabilizzante, che pone grandi e continui problemi di coordinazione e controllo motorio, mentre la fisiologia posturale non è ancora stabilizzata.

Si stabilisce così un loop tra le attività riflesse indotte dall’apparato stomatognatico che influenzano la postura e le forze relative alle dinamiche di resistenza alla forza di gravità che a loro volta influenzano la posizione dei denti e la struttura delle ossa del cranio. In questa fase di estrema plasticità è quindi facile che si realizzino strutture ossee o posizionamento dentale che non rispondono e parametri perfettamente fisiologici.

E’ interessante inoltre notare che, in particolare le scuole francesi, considerano di estremo interesse le relazioni esistenti tra atteggiamento psico-affettivo del bambino e posizione dei denti.

Le relazioni interdentali che si stabiliscono con la dentatura definitiva, se non sono perfettamente fisiologiche, inducono stimoli eccitatorio-infiammatori, che portano ad alterazioni della funzione nervosa riflessa e quindi dell’equilibrio biomeccanico.

La logica deduzione rispetto a quanto esposto è che è necessario riservare un posto di rilievo alla valutazione precoce delle condizioni stomatognatiche ed al loro periodico controllo nella valutazione globale della salute individuale e nell’attuazione di un programma di Medicina Preventiva, poiché spesso l’igienizzazione e la correzione nei limiti possibili dell’equilibrio masticatorio portano alla risoluzione di patologie apparentemente non direttamente legate alla bocca. Possiamo addirittura affermare che la bocca è la porta di ingresso privilegiata a molte problematiche della “Medicina della Complessità”.

Un altro elemento da prendere in considerazione è l’opportunità di intervenire quanto più precocemente possibile nei bambini, anche prima della dentizione definitiva, poiché intercettando precocemente condizioni potenzialmente patologiche, attraverso un approccio multidisciplinare (odontoiatra, ortodontista, osteopata e medico posturologo, nutrizionista e Medico dello Sport) è possibile operare una vero e proprio intervento “Preventivo” che attraverso la stabilizzazione di un valido equilibrio masticatorio garantirà una buona ed armonica crescita evitando la acquisizione di abitudini di vita scorrette e verosimilmente la comparsa o la posticipazione della comparsa della malattie considerate tipiche dell’età avanzata quali le sindromi osteo-artro degenerative. Una visita posturale nella prima infanzia sarebbe l’occasione per una valutazione predittiva e per la divulgazione di principi nutrizionali, motori, psicologici che potrebbero contribuire al corretto sviluppo dei giovani. Se ciò fosse compreso a livello politico-istituzionale controlli multidisciplinari come indicato, da eseguire ad esempio in ambito scolastico, a fronte di un modesto impegno economico ed organizzativo costituirebbero un enorme risparmio per il SSN, considerata l’altissima incidenza delle problematiche posturali ed artro degenerativo nella perdita di giornate lavorative e nelle spese diagnostico-terapeutiche.

 

 

 

 

 

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